IL MEDICO DELL’ANIMA

CURATE L’ANIMA, PER CURARE IL CORPO
(Umberto Veronesi)
Nell’accezione antica il termine “terapeuta” assume il significato di custode del principio vitale originario.

Il terapeuta era un medico dell’anima.

Oggi un medico dell’anima dovrebbe esercitare principalmente come scienziato, filosofo e sacerdote, avere una conoscenza a tutto tondo, impegnandosi a trattare la persona ancor prima della malattia.

Un medico dell’anima deve saper comunicare con l’inconscio, stimolare opportunamente le correnti vitali e permettere il superamento del confine tra materia e spirito.

Poichè in ogni essere umano è presente la capacità di trasformare e ridefinire continuamente se stesso attraverso una disposizione naturale alla guarigione e al risanamento biopsicospirituale, egli deve consentire l’emergere di quei potenziali energetici sopiti, ristabilendo così l’omeostasi perduta.
Le tecniche che utilizza devono portare al risveglio di nuove consapevolezze, alla rigenerazione e al potenziamento delle energie, verso una condizione di liberazione dei meccanismi interni bloccati e il superamento degli opposti, dove bene e male, felicità e sofferenza, vita e morte risultano solo aspetti apparenti di una realtà indivisa: riappropriarsi dello spirito e della sua forza vibrante è il primo passo per riconciliare gli aspetti sensoriali, mentali, psichici e fisici tra loro.

Un medico dell’anima sa che le battaglie per la salute si vincono principalmente dentro, per questo deve avvalersi di tecniche e strumenti che possano far emergere quel principio superiore, che agisca da guida salvifica all’esistenza umana.

La malattia per certi versi affonda le sue radici negli abissi scuri e vischiosi dei tre veleni che affliggono l’uomo: ignoranza, paura ed egoismo, per questo, oltre che medico dovrebbe anche essere istruttore e insegnare amorevolmente a considerare ogni sofferenza e ogni tormento come prove iniziatiche di purificazione della mente e del cuore.

Dice Umberto Veronesi: «E’ facile togliere un tumore al seno, ma bisogna anche toglierlo dalla mente, dal pensiero, e curare la ferita che si è creata anche a livello della psiche». Curiamo quindi oltre il corpo, anche l’anima. Poiché curare l’anima significa curare la solitudine dell’ego, mantenendo vivo il contatto con la vera Essenza, principio e fine della vita stessa.
Ed è solo dal ricongiungimento con la vera sorgente che può partire un processo terapeutico nuovo che ci può aiutare a ritrovare quelle forze alate in grado di risvegliare e integrare l’energia perduta.

Diceva Jung:

“La vera terapia consiste nell’approccio al divino; più si raggiunge l’esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione della patologia”.

“La sofferenza è dovuta ad un ristagno spirituale, ad una sterilità psichica. Fede, speranza, amore e conoscenza è ciò di cui ha bisogno il paziente per vivere. Nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso”.

“Devo accostarmi all’anima mia come uno stanco viandante, che nulla ha cercato al di fuori di lei. Devo imparare che dietro a ogni cosa da ultimo c’è l’anima mia, e se viaggio per il mondo ciò accade in fondo per trovare la mia anima. Perfino le persone più care non sono la meta e il fine della ricerca d’amore, ma simbolo della nostra anima”.

Renata Contini

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