Brano tratto da “Manuale pratico della meditazione” di Massimo Scaligero, ed. Tilopa

La calma è uno stato di pace con gli esseri e con gli eventi, quali che siano, realizzante la vera natura dell’anima: stato di pace valido, soprattutto, ove si attui quando i motivi di contrasto, o le ragioni di riprovazione siano eticamente giustificati.
Sostanzialmente è la possibilità di eliminare lo spirito di avversione inseparabile anche alla espressione etica dell’ego.
Senza il superamento dello spirito di avversione, non è possibile reale calma, né perciò cammino spirituale. Occorre sottolineare che proprio un tale stato di pace con gli esseri, malgrado i contrasti, fa evolvere le situazioni e trasforma gli atteggiamenti umani.
La calma è facile a colui che non reagisce al male e all’errore del mondo, disponendo egli di una capacità di arrangiamento o di coesistenza positiva con esso. Questa calma però non è una forza dell’anima, bensì dell’anima dominata dalla natura: una condizione di ottusità, fingente la forza dell’anima.
Anche i discepoli più provveduti possono venir dilaniati dallo sdegno e smarrire momentaneamente la calma, allorché si imbattono in manifestazioni di slealtà, o di malvagità, o di immoralità. La correzione di queste e la correlativa severità sono giuste, ma sono sempre guastate dallo spirito d’avversione che le accompagna. Occorre separare da esse lo spirito d’avversione, trasformando questo in forza di penetrazione cognitiva del fenomeno. La separazione è una forma della “spagiria”, essenziale alla visione del retroscena della lotta umana e ad un sano sviluppo interiore. Senza la calma in mezzo al tumulto, non può darsi esperienza sovrasensibile, né possibilità di essere giusti altrettanto che soccorrevoli verso il prossimo.
Lo spirito d’avversione lo si può invero affrontare, quando si manifesta legittimamente insieme con sentimenti giustificati di riprovazione di ciò che è ingiusto e malvagio. Osservarsi e togliere a questi sentimenti l’impulso dell’odio, conferisce ad essi il giusto decorso: li rende veicoli di una rettificazione interiore.
Una tecnica della Scienza dello Spirito consiste nell’esercitarsi a rivolgere l’impulso dell’odio verso lo spirito dell’errore e della menzogna, distogliendolo dalla persona che ne è veicolo. È metodologicamente importante esercitarsi a rendersi conto del punto di vista dell’altro e, in tal senso, a giustificarlo.
Quando venga dominato l’impulso dell’odio, che tenta affiorare nello sdegno legittimo, si può guardare con comprensione all’evento o alle persone che suscitano la riprovazione. Questa comprensione dà all’anima la calma, e tale calma è la correlazione che, come si è accennato, occultamente fa evolvere l’evento o l’altrui atteggiamento.
La calma realizza la vera natura dell’anima: non v’è movimento dell’anima che sia autentico, se manca della sua qualità essenziale: la calma. La quale sorge, ove si riesca a vedere negli esecutori di azioni riprovevoli, individui posseduti da Entità di cui la disciplina meditativa dà modo di liberarsi: lo sperimentatore scopre che egli può liberarsene, perché altri ne subisce la soggezione. Il senso ultimo di ciò è che egli sente la responsabilità di comprendere e aiutare coloro che sopportano il sacrificio di una soggezione, del cui superamento egli ha il privilegio di possedere la tecnica interiore.
La comprensione e il perdono per tutti, nessuno escluso, l’accettazione e la sopportazione delle situazioni ingiuste, debbono sorgere dalla “conoscenza”: come atteggiamenti o posizioni sentimentali reggono poco, quando anche non siano finzioni.
Come conseguimenti del pensiero penetrante, essi sono i veicoli della vera calma, ossia dello stato interiore da cui soltanto possono sorgere le energie di un’azione riparatrice, eliminatrice dell’errore.
La pace cosciente viene conseguita soprattutto grazie alla penetrazione cognitiva degli eventi o degli esseri che suscitano più severa la nostra condanna epperò la nostra avversione. Come non possiamo sentire avversione per un fenomeno della natura, così non possiamo sentire avversione per un evento del karma. Ciò che derivando da altri può suscitare riprovazione o sdegno, è sempre un prodotto del karma, ossia degli impulsi istintivi e del temperamento onde gli esseri sono portati a determinate azioni o a un determinato comportamento: “non viene dal loro Spirito libero”. Il giustificare tutti secondo il dharma, la legge che li domina mediante il karma e la correlativa persuasione di essere nella verità, edifica un senso di distensione e di pace con gli esseri, che è il principio della autonomia dell’anima. La quale sola ha il potere di sanare senza particolarismo o faziosità, l’ingiustizia e l’errore umani. Una severità giusta non può fare a meno della percezione del retroscena interiore: può venire solo dalla calma della conoscenza e dalla comprensione dei reali moventi dei soggetti umani.
La calma unita alla contemplazione comprensiva dell’evento spiacevole, corregge occultamente l’errore: sviluppa le forze della fraternità, di là dalle manifestazioni del dissenso e della lotta.
Occorre essere in pace con tutti, perché la Soglia della vita dell’anima sia conosciuta. “Tutto va come deve andare” è la saggezza da cui trae la calma di fondamento il discepolo: l’arte non è contrapporsi scompostamente a ciò che avviene o proporsi di impedire che avvenga, ma operare a rimuovere le cause per cui le cose sgradevoli avvengono. Queste cause sono comunque sempre spirituali e vanno rimosse mediante azione spirituale, là dove originano. Il reale male di questo tempo è la carenza di operatori originari, ossia la carenza di un’azione che muova sul piano delle cause: il compito invero è più arduo. Chi realmente si dedica a questa azione, conquista uno stato superiore di calma, necessario come ispirazione ai compiti degli operatori rituali.
Tecnicamente la calma è lo stato spontaneo dell’anima, quando attua la sua reale natura: indipendente dalla corporeità. Ove possa in tal modo essere percepita come entità obiettiva, la calma deve essere lasciata agire come uno stato naturale a cui inconsciamente prima ci si opponeva: essa può essere intensificata al punto che nulla al mondo può rimuoverla. Deve essere conosciuta questa “calma inalterabile”, come presupposto alla reale esperienza sovrasensibile.
In alcuni momenti, occorre raccogliersi nel silenzio interiore e lasciar scendere la calma di ciò che originariamente si è, liberi da atteggiamenti umani: essere come si è, sino all’esaurimento delle tensioni, che in verità non esistono per l’Io, ma solo per quel che l’Io non è. La calma è il fondamento da cui di continuo si muove senza saperlo. L’essere è già l’essere calmi: si tratta di saperlo. Si tratta di essere quello che si è, dal fondamento.

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